Permessi 104: si può andare in giro col disabile? È legale licenziare chi usa il permesso 104 per andare al mare? Chi beneficia dei tre giorni mensili di permesso retribuito garantiti dalla Legge 104 del 1992,

Permessi 104: si può andare in giro col disabile?

È legale licenziare chi usa il permesso 104 per andare al mare?

Chi beneficia dei tre giorni mensili di permesso retribuito garantiti dalla Legge 104 del 1992, destinati all’assistenza di un familiare disabile, deve impiegare questo tempo esclusivamente per svolgere le attività di cura e supporto necessarie al disabile stesso. Non può quindi utilizzarlo per riposarsi a casa propria o per attività ricreative personali, come uscire con gli amici.

È emersa di recente una questione: coi permessi della Legge 104 si può andare in giro col disabile? È ammessa una passeggiata al mare o in montagna? Oppure è necessario restare nei paraggi dell’abitazione dell’assistito, limitandosi magari a fare la spesa insieme a lui, accompagnarlo dal medico o acquistargli le medicine? Quanto lontano ci si può spingere? Cerchiamo di comprenderlo in base ai più recenti orientamenti della Cassazione.

Indice

* Si può uscire col disabile?

* Il principio della Legge 104/1992

* Andare al mare coi permessi 104 è lecito?

* Quando c’è l’abuso dei permessi 104?

* Conclusioni

 

Si può uscire col disabile?

La legge consente di allontanarsi dall’abitazione del familiare disabile per attività che possono contribuire al suo benessere, come uscite di svago o per necessità sanitarie. Tuttavia, tale utilizzo dei permessi deve sempre rimanere nell’ambito dell’assistenza. In quest’ottica si può uscire di casa anche senza il disabile, se le attività sono finalizzate al miglioramento della qualità della vita di quest’ultimo.

E se invece l’assistito è insieme al dipendente, i due possono allontanarsi dalla città?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12679/2024 del 9 maggio 2024 ha accolto il ricorso di un uomo licenziato dall’azienda per un presunto abuso dei permessi della Legge 104/1992. Il lavoratore, che prestava assistenza in favore della moglie disabile e affetta da una grave forma di asma, si era allontanato dalla città per accompagnarla al mare e, nel contempo, per una breve sosta dal veterinario dove aveva portato il cane: due azioni ritenute dal datore non conformi agli scopi del permesso.

I giudici però hanno ritenuto che il licenziamento fosse illegittimo. Difatti, per configurare una giusta causa di licenziamento è necessario che l’utilizzo dei permessi avvenga in maniera chiaramente estranea alle finalità assistenziali previste dalla legge. Nel caso in esame, il soggiorno marittimo era giustificato dal potenziale beneficio per la salute della moglie del lavoratore: si trattava quindi di un uso legittimo del permesso per motivi di assistenza sanitaria.

Il principio della Legge 104/1992

La Legge n. 104 del 1992 stabilisce che i permessi lavorativi sono concessi per facilitare l’assistenza a familiari disabili. La norma implica che le assenze dal lavoro siano direttamente correlate alle esigenze assistenziali del familiare, senza che tali permessi possano essere utilizzati per scopi personali non attinenti alla cura del disabile. La legge però non dice dove debba essere prestata l’assistenza che, in teoria, potrebbe avvenire anche a casa del caregiver o in qualsiasi altro luogo. Dunque laddove si porti il disabile a fare una passeggiata, perché è funzionale al miglioramento delle sue condizioni di salute, tale comportamento non può costituire un abuso dei permessi 104, né tantomeno il presupposto di un licenziamento.

In altri casi giurisprudenziali è stato sottolineato che attività come l’accompagnamento a trattamenti terapeutici benefici, inclusi quelli non convenzionali come soggiorni in località marine, possono rientrare legittimamente nell’uso dei permessi 104, purché vi sia una chiara giustificazione medica.

Andare al mare coi permessi 104 è lecito?

Veniamo ora al principio affermato dalla Cassazione nella pronuncia in commento: è illegittimo il licenziamento del lavoratore che abbia la 104 per la moglie e accompagni quest’ultima (affetta da una grave forme di asma) presso una località marina per farle respirare aria salubre e curare così la patologia da cui era affetta.

La Suprema Corte ha precisato, poi, che il marito si può allontanare dal coniuge e può accompagnare il cane di famiglia presso il veterinario quando il tutto abbia una durata censurabile. Questo “servizio”, infatti, ha sempre ricadute benefiche (indirette) per la moglie che non deve accompagnare l’animale presso la clinica veterinaria.

Quando c’è l’abuso dei permessi 104?

Il legislatore e la coscienza sociale riconoscono che certe esigenze di cura meritano una protezione speciale, che giustifica un sacrificio organizzativo da parte del datore di lavoro. Se l’assenza dal lavoro non rispetta questo nesso causale, come nel caso di utilizzi del permesso completamente scollegati da ogni necessità assistenziale, si configura un abuso del diritto. Quest’ultimo si verifica quindi quando la parte prevalente della giornata viene destinata ad attività diverse dall’assistenza, che nulla hanno a che vedere con la finalità del permesso.

Nel caso di specie, la breve sosta dal veterinario è stata ritenuta compatibile con le finalità della Legge 104, trattandosi appunto di un breve lasso di tempo che non aveva pregiudicato lo scopo principale dell’assenza dal lavoro, ossia l’assistenza.

Conclusioni

La decisione della Cassazione chiarisce che non ogni attività svolta durante il permesso 104 configura un motivo di licenziamento, a meno che non si dimostri un’evidente violazione delle finalità assistenziali del permesso. Il caso discusso evidenzia l’importanza di una corretta interpretazione delle norme relative ai permessi per motivi familiari e assistenziali, promuovendo un equilibrio tra i diritti dei lavoratori e le esigenze organizzative dei datori di lavoro.

 

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