Vietnam, condannata a morte la regina dei truffatori: ha fatto sparire 25 miliardi (di euro) in undici anni.  Truong My Lan, 67 anni, una delle donne più ricche del Paese, è stata condannata a morte per frode aggravata e continuata. Si era riempita la cantina dell’equivalente di 4 miliardi di euro in carta moneta

 

Vietnam, condannata a morte la regina dei truffatori: ha fatto sparire 25 miliardi (di euro) in undici anni.  Truong My Lan, 67 anni, una delle donne più ricche del Paese, è stata condannata a morte per frode aggravata e continuata. Si era riempita la cantina dell’equivalente di 4 miliardi di euro in carta moneta

In Vietnam è considerato il processo del secolo. Truong My Lan, 67 anni, una delle donne più ricche del Paese, è stata condannata a morte per frode aggravata e continuata. A capo di un impero immobiliare, il Van Thinh Phat Holdings Group, Truong, diventata un’icona del nuovo Vietnam comunista ma dall’anima capitalista, è stata al centro di un procedimento che ha fatto tremare le fondamenta politiche su cui si basa il potere indiscusso del partito che sconfisse gli americani.

Al di là della sentenza capitale — in attesa di un possibile appello che porti alla commutazione in ergastolo — quello che impressiona in questo procedimento, oltre alla pubblicità garantita alle udienze in un regime che da sempre vive di segretezza, sono i numeri. Truong, nell’arco di undici anni, è stata in grado di ottenere prestiti dalla Saigon Commercial Bank, per un ammontare di 25 miliardi di euro di fatto svuotandone le casse senza mai restituire una rata. Per capire l’entita della cifra: si avvicina al 3% del Pil nazionale vietnamita del 2022. Tanto che la giuria, pronunciando la sentenza, ha dichiarato che le azioni di Truong «hanno eroso la fiducia della gente nella leadership del Partito (comunista) e dello Stato».

Truong era partita dal nulla. Negli anni Ottanta del secolo scorso, vendeva cosmetici in un baracchino mobile insieme alla madre. Piano piano era stata in grado di acquistare terre e proprietà. Alla fine degli anni Novanta era la padrona di hotel e ristoranti. Poi il salto di qualità. Grazie a un sistema di prestanomi e scatole societarie, la donna di fatto era arrivata a controllare la Saigon Commercial Bank con oltre il 90% delle azioni, mentre le regole statali non consentono a un soggetto privato di possedere più del 5% di un istituto di credito. Dunque, era lei a nominare direttori e manager. Quando qualcuno poneva un ostacolo, erano pronte le mazzette milionarie e le pratiche tornavano a correre. Alla fine di un periodo di impunità «inspiegabile» — tutti a Ho Chi Minh (ex Saigon) sapevano delle pratiche irregolari della miliardaria — il gioco è stato scoperto e sono scattate le manette. Co n la donna, altri 85 complici sono stati rinviati a giudizio e almeno dieci sono quelli che rischierebbero una condanna a morte.

La messe di prove è stata raccolta in 104 scatoloni dal peso di 4 tonnellate, 2.770 persone sono state chiamate a testimoniare mentre le indagini sono state affidate a 10 pubblici ministeri e 200 avvocati. Davvero una scena inimmaginabile nel Vietnam che ha deciso, sulla scorta delle riforme avviate in precedenza dalla Cina, a uscire dal sottosviluppo affidandosi alle regole del mercato. D’altro canto, in un Paese che ancora deve trasformare la propria economia, la ricchezza improvvisa di questo o di quell’imprenditore non sono casi isolati. Ma nessuno è mai arrivato (finora) a imitare la spudoratezza di Truong: negli anni aveva accumulato una fortuna in carta moneta nella sua cantina: centomila miliardi di dong (equivalenti a 4 miliardi di euro), ritirati e trasportati nel tempo dal suo autista personale.

Fonte Internet

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